A lezione di Bon Ton nel Matrimonio si sbaglia sempre
Sposarsi, oggi più che mai è una libera scelta. Ma perché “il giorno più bello” non si trasformi nel guinnes delle gaffes è necessaria qualche…”prova generale”
Non è più questione di chi paga e cosa. Gli sposi di oggi lo fanno da adulti e vaccinati. Soprattutto si sposando quando sono economicamente indipendenti.
A meno che uno dei due (o entrambi) non sia stato partorito da nomi altisonanti o conti correnti del Lichtenstein, ciascuno si fa carico del suo e contribuisce a modo proprio e i genitori stanno a guardare, intervenendo solo in caso di “cenerentoli” che impalmano una possibile Hilton o Rothschild.
Il galateo del matrimonio oggi, più che un insieme di regole per celebrare il giorno più bello, è un raccoglitore di moniti per non farsi “spernacchiare”.
Limousine e Rolls che escono dai cancelli delle case popolari, diademi finto Swarovski sulle vette di chignon intrecciati con chiome che vedono di rado un parrucchiere, cravatte che per la prima volta fanno il nodo a un collo per niente avvezzo a orpelli di alcun genere, sono solo alcune delle minacce di chi per tutta la vita sogna un riscatto di fronte ad ottanta (questa la media)invitati che sono lì al solo scopo di schiattare e ai quali con i canapè vengono offerte le più grandi cadute di stile di questo mondo.
Non esistono eccezioni: nel matrimonio si sbaglia sempre qualcosa, non importa che si tratti addirittura del partner o dell’abito, o del posto a tavola destinato agli invitati.
Emanuele Filiberto, Altezza Reale piazzatosi secondo al festival di Sanremo, si presentò in tight (detto anche morning dress, proprio perché si indossa al mattino) al suo matrimonio con Clotilde Courau alle sei del pomeriggio e con lui, come vorrebbe l’etichetta, tutti gli invitati maschi, compreso papà Vittorio. Guarda caso, i suoi testimoni, Alberto di Monaco e Serge di Jugoslavia, optarono per l’abito scuro, certo meno attaccabile anche se non rispettoso delle volontà dello sposo.
Il segreto di un matrimonio di successo (inteso come rito e non come stato civile) sta nel capire i propri limiti e saperli superare con disinvoltura: inutile spendere, ad esempio, tremila euro per un abito che una signorina neo-signora non è in grado di portare.
La madre della sposa, anziché preoccuparsi di accollarsi le spese della sartoria, dovrebbe farsi carico di quelle del suo ruolo che è quello della consigliera: non si nasce in abito da sposa e per apparire disinvolta sarà necessario per la figliola fare avanti e indietro per il corridoio di casa almeno dieci giorni per un’ora al giorno.
Lo stesso ci si aspetta dalla madre dello sposo: se il figlio non mette mai la cravatta, quel giorno rischierà di sentirsi Luigi XVI alla vigilia dell’impiccagione…
di Nicola Santini